giovedì 31 marzo 2022

LA SINISTRA COME MANIPOLAZIONE

 


IL meccanismo manipolatorio agisce alla grande sulla "sinistra" sostituendo nell'immaginario più
o meno popolare, quello che un tempo era prerogativa del Dio. Ho qui ripreso ed elaborato un articolo da un blog "Il Pedante" dove a dire il vero ci si appunta sull'istruzione che sarebbe il veicolo preferenziato della manipolazione, cosa che in effetti condivido, ma fino ad un certo punto , in quanto io faccio un distinguo quando l'istruzione si sposa alla sinistra ed in genere a quel buonismo intellettuale che caratterizza tale mentalità, e che informa quella che generalmente viene etichettata come faziosità . Da un lato la manipolazione mediatica isola una o più caratteristiche di larga diffusione - l'istruzione superiore, la residenza in un'area metropolitana, la gioventù - e le trasforma in distintivi di appartenenza a una élite sedicente virtuosa in seno alla comunità di riferimento, dall'altro crea un'aspettativa positiva associando queste caratteristiche a preferenze politiche presentate in termini altrettanto positivi- l'internazionalismo, l'europeismo, il politicamente corretto, generando così nei destinatari un obbligo morale ad aderirvi, per certificare la propria appartenenza alla schiera dei migliori. Il fenomeno, noto agli psicologi sociali come Effetto Rosenthal o Effetto Pigmalione, descrive la possibilità di indurre i comportamenti e/o le qualità di un soggetto rendendogliene manifesta l'aspettativa da parte di un'autorità o di una guida riconosciuta. Se i giornali scrivono che i cittadini più istruiti votano progressista perché sono saggi, questi ultimi tenderanno ad avverare la profezia votando progressista, sì da essere degni di annoverarsi tra i saggi. Collateralmente anche i meno istruiti, purché esposti alla narrazione, orienteranno le proprie opinioni verso il medesimo standard per assimilarsi ai migliori. In questo modo la descrizione mediatica diventa norma coattiva, avverando se stessa. n un altro articolo di questo blog si è visto come il principale movente politico della vasta e longeva categoria dei moderati non risieda nell'interesse o negli ideali, ma piuttosto in un desiderio di celebrare la propria superiorità aderendo agli standard etico-politici di volta in volta fabbricati e magnificati dagli organi di stampa, cioè dal potere in carica. Si è anche visto come la coltivazione di exempla negativi da cui distinguersi - gli estremisti, i razzisti, i fascisti, i terroristi, gli indifferenti, la pancia degli elettori ecc. - sia strettamente funzionale all'allestimento letterario di quegli standard buonisti e alla loro imposizione: il terrore di finire dietro la lavagna con il cappello dell'infamia spinge i gregari a suffragare qualsiasi atto, anche il più atroce. È il terrore atavico dell'esclusione dal branco, la cui urgenza irrazionale diventa strumento di propaganda e di sottomissione in quanto prevale sugli interessi dei singoli, anche i più legittimi, e li annulla nell'imperativo di un presunto bene spersonalizzato e comune - cioè del personalissimo bene di chi detta le trame ai giornali.
Ai mezzi di informazione spetta il compito di alimentare questa aggregazione autocelebrativa coltivando simboli, mode, antagonismi e dibattiti che, per aggredire i gangli prerazionali del target, devono affondare la loro suggestione negli archetipi più radicati e ancestrali. Limitandoci al caso qui analizzato, la dialettica centro-periferia allude, sotto l'apparenza asettica del dato demografico, alla connotazione morale e intellettuale dell'urbanitas latina in quanto eleganza di modi e di eloquio e "tacita erudizione acquisita conversando con le persone colte" (Quintiliano, Inst. orat. VI III 17), da contrapporre alla grezza rusticitas. Se città e civiltà condividono il medesimo etimo (civitas), la villa (cascina, podere e, per sineddoche, la campagna tutta) partorisce non solo il villico, ma anche il villano e l'inglese villain, cioè l'antagonista, il malvagio, l'irredimibile cattivo delle fiabe. In quanto all'istruzione, il suo riflesso positivo e condizionato ha una radice quantomeno duplice. Da un lato rimanda anch'essa alla celebrazione classica dell'erudizione e, per successiva approssimazione e sovrapposizione semantica, alla sapientia della pneumatologia cristiana che in origine identifica discernimento e saggezza. Che i dotti debbano avocare a sé la guida delle cose pubbliche era già in Platone, là dove contrapponeva alla democrazia ateniese la sofocrazia, il governo dei filosofi e dei sapienti. Dall'altro, l'attenzione al grado di istruzione innesca un automatismo pedagogico che rispecchia l'infantilismo coltivato dai media e dove la qualità degli individui è misurata in termini di diligenza e non di intelligenza. Sicché lo studente/cittadino meritevole è quello che ascolta la maestra, passa gli esami e consegue il titolo di studio, così come il politico buono è quello onesto che si attiene alle regole senza metterle in discussione, il lettore buono è quello che ripete tutto ciò che legge sui giornali e il popolo buono è quello che fa i compiti a casa di merkeliana memoria, senza interrogarsi sulla bontà del progetto politico sotteso. Il successo di questa articolata "captatio benevolentiae"è tale da suscitare non solo l'autocompiacimento dei suoi destinatari - sì da renderli argilla nelle mani del manovratore di turno - ma anche un odio acerrimo verso chi non si conforma allo schema. I moderati, nonostante rappresentino di norma la maggioranza dell'elettorato (diversamente il potere non se ne curerebbe), amano immaginarsi come uno sparuto manipolo chiamato a difendere la fiamma della civiltà dai barbari. La loro forza sta nella paura, e la paura genera odio. Sicché, nei rari casi in cui la realtà non si conforma alle loro aspettative, si scagliano contro chiunque ardisca trasgredire il catechismo impartito dai loro giornali. Il subumano va arginato e interdetto per il bene di tutti e in deroga a tutto. Resta l'effetto: quello di rendere dicibile l'indicibile - la revoca del suffragio universale - e di gettarne il tarlo nelle teste dei lettori, così da prepararli ad applaudirne l'avvento e illuderli che, quando ciò accadrà, loro non ne saranno colpiti trovandosi al sicuro sulla sponda dei migliori. Insomma è sputato quello che sta accadendo oggi con questa farsa della pandemia, di un terrificante , anzi flagellante (per usare un termine assai caro alla stampa di regime) contagio, che in realtà ha quasi realizzato il sogno indistruttibile della medicina allopatica e della farmacologia "di fare di ogni sano un malato" tirando fuori dal cappello di illusionista i termini del nuovo "crugifice" Negazionista, complottista, No vax, no mask. Avendo chiarito che le temibili decisioni della massa ignorante non sono altro che le decisioni sgradite alla massa degli opinionisti e dei loro lettori, non è del tutto ozioso chiedersi se esista davvero, e in che misura, una correlazione tra l'istruzione/informazione degli elettori e la qualità della loro partecipazione politica. Nel mischione semantico postmoderno, "scientia" (conoscenza) e "sapientia" (saggezza) convergono nell'accezione burocratica del sapere certificato dai titoli di studio, sicché la sofocrazia platonica - il governo dei saggi - diventa il governo dei laureati e, a fortiori, di coloro che formano i laureati, cioè dei professori, attestati da non meglio precisati titoli se non quelli di un asservimento da mercimonio al sistema . Essa diventa quindi tecnocrazia, l'esito ossessivo della contemporaneità politica in cui l'equivoco di una seduzione antica si coniuga con l'ulteriore equivoco di una competenza che si vorrebbe rivolta agli strumenti - il diritto pubblico, i regolamenti di settore, le norme contabili ecc. - e non ai fini del governo comune. Se gli strumenti nascono al servizio dei fini, escludere dalla determinazione dei fini coloro che non conoscono gli strumenti è un modo intellettualmente puerile per avocare a sé le decisioni, nel proprio interesse. Per lo stesso risibile principio, chi non ha studiato l'armonia tonale non potrebbe esprimere preferenze musicali, chi non conosce l'aerodinamica non potrebbe decidere su quale volo imbarcarsi e a chi ignora la geologia degli idrocarburi andrebbe vietato di impostare il termostato di casa. L'aristocrazia del passato, più onesta, spregiava il vile meccanico anteponendogli l'erudizione e il lignaggio. Quella odierna lo glorifica per dare una parvenza di asettica meritocrazia ai propri capricci. Si riporta un'interessante ricerca della professoressa Penny Lewis sulla ricezione della guerra di Vietnam presso il pubblico americano di quindi più di mezzo secolo fa " in generale, i settori più istruiti del pubblico hanno sostenuto più di tutti il prolungamento dell'impegno militare americano [in Vietnam]. Nel febbraio del 1970, ad esempio, Gallup sottoponeva al campione il seguente quesito: "Alcuni senatori sostengono che dovremmo ritirare immediatamente le nostre truppe dal Vietnam: siete d'accordo?". Tra coloro che fornirono una risposta, si espressero in favore del ritiro immediato oltre la metà degli adulti in possesso di licenza elementare, circa il 40% dei diplomati e solo il 30% di coloro che avevano frequentato un'università. Non si trattava di un'anomalia statistica. Nel maggio del 1971 il 66% dei rispondenti laureati riteneva che la guerra fosse stata un errore, a fronte del 75% dei diplomati. In generale, un'attenta lettura dei dati dimostra che nella maggior parte delle questioni riguardanti la guerra, la più forte opposizione al coinvolgimento americano in Vietnam provenne dalla parte meno istruita della popolazione. " Tornando al nostro Paese : poiché raramente i programmi di storia dei licei si spingono oltre il Fascismo, ci piace ricordare anche ai più istruiti che cosa fu la guerra in Vientam: una lunga, inutile e sterminata carneficina, la più grande dopo la seconda guerra mondiale, con oltre 5 milioni di morti di cui quasi 4 civili, dieci nazioni coinvolte, rappresaglie, stupri, torture e milioni di sopravvissuti traumatizzati a vita. Ma essa fu anche la più grande sconfitta politica e militare degli Stati Uniti, che in quell'avventura persero oltre 160 miliardi di dollari e quasi 50.000 uomini senza ottenere nulla, se non la vergogna di un attacco infame e di una disfatta su tutti i fronti. Inaugurata con il pretesto evergreen di proteggere un gruppuscolo esotico dai cattivoni di turno (allora erano i comunisti, oggi frequenterebbero una moschea) e degenerata nella penosa illusione di "rendere credibile la potenza" americana (cit. JFK), la guerra in Vietnam durò vent'anni. E in quei vent'anni l'opinione pubblica americana ne conobbe le atrocità leggendo i reportage, seguendo i documentari e ascoltando le testimonianze dei rimpatriati. Con il passare degli anni anche la prospettiva di un esito favorevole del conflitto appariva sempre più remota, sicché sostenere l'impegno militare dopo 15 anni di inutili stragi non era da ignoranti, ma da stupidi. E i più stupidi erano proprio i meno ignoranti. Più avanti, nello stesso libro, si riporta la conclusione di uno studio condotto dal prof. Richard Hamilton nel 1968, secondo il quale: " ... la preferenza per le alternative politiche più "dure" si riscontra con maggior frequenza tra i seguenti gruppi sociali: i più istruiti, coloro che occupano posizioni di prestigio, le categorie ad alto reddito, i giovani e le persone che prestano molta attenzione ai giornali e alle riviste. La testimonianza è di sorprendente attualità. Non solo perché le categorie sociali citate - gli istruiti, i prestigiosi, i benestanti, i giovani, prevalenti tra i falchi politicamente miopi di allora - sono esattamente le stesse in cui la stampa di oggi pretende invece di celebrare l'elettorato più lungimirante, ma soprattutto per la chiave di lettura che si anticipa nella chiusa. Queste persone non sono semplicemente informate, ma "prestano molta attenzione ai giornali e alle riviste". La ricerca di Hamilton evidenzia una correlazione tra quegli status sociali e una maggiore inclinazione a lasciarsi orientare dall'informazione stampata, cioè dalla propaganda. Elidendo i termini centrali, le retoriche degli opinionisti moderni si potrebbero allora ritradurre e semplificare così: l'elettore buono è quello che fa ciò che gli dicono i giornali. A prescindere dalla condizione sociale, che è strettamente funzionale a fabbricare nei manipolati l'illusione della propria superiorità e indipendenza (se in altre circostanze i più obbedienti fossero stati gli incolti, si sarebbe detto che i colti erano inconcludenti, debosciati ecc.). Ma perché i cittadini più istruiti e sopratutto quelli di sinistra sono, mediamente, anche i più esposti alla propaganda? Sul tema una riflessione del sociologo francese Jacques Ellul, dove si sostiene che la moderna propaganda non può funzionare senza "istruzione" o perlomeno una istruzione "incanalata"
servile al sistema, quale alla fin fine dopo secoli di protesta sempre un pò manierata, sempre con un sottofondo di frustrazione e di atavica invidia, la sinistra doveva pervenire, mostrando, come ho scritto in un precedente articolo del blog LeNardullier.blogspot.com, di essere in sostanza l'altra faccia di una stessa medaglia e cioè quella del capitalismo nato dalla Rivoluzione Industriale e del progressivo incalzante consumismo. Ellul ribalta la nozione prevalente secondo cui l'istruzione sarebbe la migliore profilassi contro la propaganda. Al contrario, sostiene che l'istruzione, o comunque ciò che è comunemente designato con questo termine nel mondo moderno, è il prerequisito assoluto della propaganda. Di fatto, il concetto di istruzione è ampiamente sovrapponibile a ciò che definisce "pre-propaganda": il condizionamento delle menti tramite l'immissione di grandi quantità di informazioni tra loro incoerenti, già dispensate per altri fini e presentate come "fatti" e "cultura". Ellul prosegue il ragionamento designando gli intellettuali come la categoria più vulnerabile alla propaganda moderna, per tre motivi: 1) assorbono la più grande quantità di informazioni non verificabili e di seconda mano; 2) sentono il bisogno impellente di esprimere un'opinione su qualsiasi importante questione di attualità, e pertanto soccombono facilmente alle opinioni offerte loro dalla propaganda su informazioni che non sono in grado di comprendere; 3) si considerano in grado di "giudicare per conto proprio". Hanno letteralmente bisogno della propaganda. In termini pedanti, l'istruzione scolastica al netto delle competenze tecniche che impartisce (da cui l'illusione tecnocratica) è il veicolo di trasmissione di un'impalcatura simbolica che riflette e rafforza, in termini necessariamente schematici e riduttivi, gli automatismi ideali della comunità politica di appartenenza. Un ulteriore esempio, tra i tanti, è la permeabilità del pubblico al discorso pseudoscientifico, che veicola messaggi privi di fondamento scientifico ammantandoli del lessico e del contesto - accademico, editoriale, mediatico ecc. - propri della scienza. La seduzione di questa cosmesi è evidentemente tanto più efficace verso coloro che hanno maturato un rispetto acritico e istintivo verso le insegne della scienza e dei suoi luoghi, cioè in chi ne ha più a lungo subito l'autorità nel corso degli studi. Ciò realizza puntualmente l'intuizione di Ellul: l'istruzione è necessaria per affermare l'autorità dei maestri, ma quasi mai sufficiente per verificarne gli insegnamenti. È un caso etimologico che "dotto" e "indottrinato" condividano la stessa radice (dŏcĕo), e così anche "sedotto" ed "educato" (dūco). Non è invece un caso che i cittadini più istruiti, sia per il maggior prestigio sociale di cui mediamente godono, sia per l'impalcatura simbolica dispensatagli dalla scuola, sia per un risibile e mal dissimulato orgoglio di classe, siano i bersagli non solo preferiti dalla propaganda, ma anche i più facili. e comunque e' un po' la medesima tesi dell'ironicissimo fisico quantista Richard Feynman
che prendeva le distanze da una cultura un po' troppo superficiale e quindi suscettibile di essere manipolata, proprio quella che emerge dal piu' che secolare rovellio intellettuale della ideologia di sinistra e che ha come suo archetipo originario non tanto il pensiero di Karl Marx, quanto del suo massimo ispiratore ovvero quel Giorgio Hegel che ipocritamente sosteneva che il reale è razionale e il razionale reale, proprio per mettersi al sicuro da critiche fin troppo plausibili che filosofi meno inclini alla piaggeria (Schopenauer, Nietzsche, financo un Freud) avrebbero potuto muovere ad un'idiozia del genere
Non è difatti un caso che proprio gli intellettuali siano sempre stata la classe sociale più pronta ad accettare i dettami delle più feroci dittature, gli intellettuali ed anche gli artisti e oggi più che mai, la pressocchè quasi totalità degli operatori dello spettacolo e della comunicazione ( attori, scrittori, giornalisti , etc.) inverando in pieno la tematica del figlio di Thomas Mann : Klaus, con il suo romanzo Mephisto

LE COSTELLAZIONI DI HAMER

 

Sono pervenuto a questa nuova istanza delle "costellazioni" che in questi due anni di approfondimento delle teorie di Hamer non avevo preso nella debita considerazione, anzitutto perchè non mi pareva poi così probante l'assunto della lateralità, del tutto in sottordine rispetto alla sconvolgente verità dello shock biologico come eziologia di ogni affezione, dei relativi conflitti con andamento bifasico e la importanza fondamentale originaria e costitutiva dei foglietti embrionali con il sistema dei microbi simbionti e assolutamente "amici" . E' il recidivarsi di determinati sintomi che mi ha indotto invece a considerare questo altro aspetto della teoria hameriana: non era difatti più possibile attribuirli ad una DHS con relativo conflitto bifasico perfettamente risolto (quello endodermico del boccone sporco), ma ci doveva essere qualcos'altro, difatti ecco succedersi considerazioni sul conflitto del profugo  e persino del "lupo di 2° rango, con tutto un alternarsi di binari e molto stiracchiati conflitti in bilancia, ma di certo non recidive del conflitto, semmai ecco forse un pò di amarezza di fondo che semmai poteva offrire una sorta di "plafond" per appunto quelle che Hamer ha definito LE COSTELLAZIONI SCHIZOFRENICHE
  Un altro capitolo estremamente interessante quanto complesso, che coinvolge altri foglietti embrionali e che potrebbe individuare cosa si nasconde dietro a un determinato comportamento: cioè quali relè cerebrali sono attivati e generano una costellazione, e i sottostanti contenuti emotivi.I relè che si attivano stimolando una risposta comportamentale definita costellazione schizofrenica, innervano anche dei tessuti organici, perciò quando si risolve una costellazione, cioè una volta trovato rimedio al problema, tutti e tre i livelli vanno in soluzione simultaneamente. Questo significa che, contemporaneamente, il comportamento manifestato e definito come patologico si spegne e il livello organico inizia a riparare i tessuti producendo dei sintomi.Quando difatti ho più relè attivi ad esempio bronchi e colon, ginocchio e ernia entro in una costellazione definita Mitomane, cioè racconto storie prendendole per vere. I bronchi rispondono ad un sentito di territorio minacciato: il nemico – pericolo- non è ancora entrato nel mio territorio ma potrebbe farlo da un momento all’altro; L’altro relè riguarda il colon e risponde a un sentito che ha a che fare con l’identità: non so più bene quale sia il mio ruolo, sento il peso della vecchiaia, mi chiedo se sia concepibile avere ancora un ruolo..La costellazione s’interrompe all’istante quando uno dei due temi viene risolto, contemporaneamente, se avrò fatto abbastanza Massa di Attivazione avrò anche il conseguente sintomo organico. La costellazione schizofrenica viene definita un Super Programma di Sopravvivenza, in quanto si attiva quando la persona sta vivendo situazioni impossibili che la porterebbero a soccombere, permettendole invece di sopravvivere comunque. La psicologia e psicoterapia qui acquistano un nuovo e potentissimo strumento. In effetti ci si è sempre occupati di curare il comportamento, spesso con evidenti scarsi risultati. L’effetto comportamentale non ha molto a che fare con il motivo di fondo che l’attiva, e cioè con il sentito dei relè cerebrali che lo producono. Conoscendo invece il loro specifico contenuto emotivo, e intervenendo su quello, anche il comportamento cambia perché la costellazione si spegne. Inoltre, sapendo quali siano le correlazioni specifiche di ogni relè e quale il tessutoorganico che innerva, possiamo anche prevedere, una volta risolta quella specifica attivazione, che sintomi fisici si manifesteranno. La Costellazione schizofrenica si attiva quando sullo stesso livello cerebrale abbiamo una doppia attivazione, cioè almeno un relè attivo nell'emisfero destro ed uno nel sinistro. Ecco è questo che provo difficoltà a intendere: a me non pare tanto una questione di sinistra o destra, quanto di un conflitto diverso su foglietti embrionali (es. endoderma e mesoderma recente, ovvero coinvolti sia il palencefalo che il neoncefalo con quindi diverse manifestazione sintomatiche sia in fase attiva che risolutiva) e cioè vedo sopratutto il sovrapporsi di diverse istanze a livello di foglietti embrionali, più che una lateralità. Però ripeto sono agli inizi di questa ulteriore scoperta per cui vedremo se riesco a pervenire a qualche nuovo costrutto. Da Simona Cella prendo queste note e l'assunto finale "Faccio un esempio utilizzando la Costellazione mitomane (che indubbiamente è molto molto simile alla mia) Se una persona ricorda che da adolescente scriveva assiduamente un diario, so già che quando ha avuto un’importante bronchite ha smesso di scrivere.(vero!) Non è magia ma conoscenza. Quando c’è più peso nel relè del retto, cioè a sinistra, la persona tende a raccontare, se invece il peso è più a destra, sui bronchi, invece di raccontare storie scrive, perché nel peso della bilancia è più depressiva. Perciò quando risolve l’attivazione dei bronchi ed ha la bronchite, esce dalla costellazione e smette di scrivere. La possibilità di avere un riscontro fisico quando si scioglie una costellazione è la chiusura del cerchio di come fisiologia ed emozione siano due facce della stessa medaglia. Con l’esperienza, da un semplice colloquio diventa possibile dedurre e verificare se la persona è in un sentito maniacale o depressivo, semplicemente prestando attenzione a come racconta uno specifico episodio, osservando le inflessioni della voce e le espressioni corporee. E mano a mano che il suo racconto procede è possibile desumere, frase dopo frase, come si è mossa la bilancia perinsulare, anno dopo anno, nel corso della sua vita.

lunedì 21 marzo 2022

A VOLTE LE CREDENZE NON STANNO IN CUCINA

 

IL CAPOVOLGIMENTO DEL FUTURO ANTERIORE

il Wall Street Journal ha riportato un rapporto del governo Usa dove si afferma che "GLI STATI UNITI STANNO CAPOVOLGENDO LA STORIA, ...