venerdì 25 aprile 2025

LA FESTA TUTTA FALSA

 

25 aprile 1945 - 25 aprile 2025 
Ma quale festa !? il 25 aprile e’ in realta’ una sorta di consuntivo del periodo piu’ buio della nostra storia nazionale, se poi volessimo andare per il sottile non e’ neppure una data esatta, ma un po’ manipolata come d’altronde un po’ tutto quello che attiene la Resistenza :  il 25 aprile non sanci’ ne’ la fine della guerra ne’ la resa di tedeschi o italiani della Repubblica di Salo’, e quindi non libero' alcunche', difatti tutto quello che dovrebbe rievocare avvenne solo parecchi  giorni dopo:  la fine della guerra con resa incondizionata addirittura l’8 maggio 1945. Semplicemente il 25 aprile inizio’ la ritirata dalle citta’ di Milano e Torino di truppe tedesche e italiane, ma rimasero parecchie sacche di resistenza in tutta l’Italia settentrionale,  Mussolini ad esempio fu ucciso  solo il 29 aprile e la repubblica Sociale tracollo’ senza neppure una resa ufficiale, mentre la X Mas non si arrese a nessuno , ma semplicemente smobilito’ e i suoi ufficiali a cominciare dal suo
comandante Junio Valerio Borghese furono oggetto del massimo rispetto da parte dei membri del CLN, che li lasciarono liberi.  Una data quindi inesatta come un po’ tutta la storia della cosidetta
resistenza,dagli eventi onfiati a dismisura, falsa tutta anche nella sua colonna sonora con una canzone-inno “Bella ciao” fabbricata a tavolino vent’anni dopo da raffinati  artisti e cultori di musica popolare : gli interpreti  del  Nuovo Canzoniere Italiano (Roberto Leydi, Gianni Bosio,  Fausto Amodeo, Michele Straniero, Sandra Mantovani,
Giovanna Marini, etc.) che l’avevano presentata al Festival dei due Mondi di Spoleto del 1964). Falsa nella narrazione con  eventi di valore strategico molto dubbi e stradiscussi tanto da indurre il cte alleato Gen, Alexander a lanciare un proclama nel dicembre 1944 ove si invitava le forze partigiane dal desistere dalle loro azioni di guerriglia in quanto assai
spesso contrastanti con la strategia degli eserciti regolari, di poi  un comando fortemente egemonizzato dal Partito Comunista e quindi operante per obiettivi politici di parte, anzi di partito, e infine, elemento che solo pochi (vedi Giampaolo Pansa) hanno cercato di mettere in luce, un intento strettamente vendicativo, assai spesso con motivazioni del tutto  personali, che ha fatto decine di migliaia di vittime, del tutto da estrapolare a fattori bellici, di cui irrilevanti sono i dati di riscontro. Insomma una resistenza che di resistente ha molto poco, per non parlare di una alea di spirito guerriero che ha una indicizzazione di caduti e feriti irrilevanti, ascrivibili piu' ad azioni di polizia e ritorsione che ad azioni di combattimento effettive, Ci si provo', nel dopoguerra, specie negli anni sessanta quando le forze di sinistra si fecero piu' pretenziose a stabilire un ideale nesso tra Resistenza e Risorgimento, ma in verita' nell'immaginario collettivo della nazione  tale connubio non e' mai passato. Questo in verita' non perche' vi e' come  
sembrerebbe di primo acchitto una troppa vistosa sproporzione di valori e ideali tra i due mementi storici, quanto perche’ quella stessa sinistra che aveva caldeggiato la cosa si cominciava a rendere conto negli anni ottanta e novanta con la critica storica fattasi piu’ profonda e articolata che anche il Risorgimento era un movimento che aveva magagne
grosse come una casa, anzi come intere citta’ - vedi il film Bronte, le revisioni sulla Impresa dei Mille,  ed ancora il ruolo dei Rotschild nel finanziare il massone e faccendiere degli inglesi Conte di Cavour, l’altra faccia del fenomeno del cosidetto Brigantaggio nel sud
italia che impegno’ le forze armate del nuovo Regno assai piu’ di quelle impiegate in tutte le campagne contro l’Austria. La Resistenza non era una mammoletta, ma il Risorgimento con cui era stato tentato l'accostamento,  era forse addirittura peggio:  se sulla prima  pesava l'influenza di un partito, quello comunista  e una troppo spiccata partigianeria,  sul secondo  si stendeva l'ombra della massoneria e gli interessi di una potenza straniera l'Inghilterra, che aveva fatto dell'inganno e della mercificazione l'emblema del suo potere . La perfida albione, la nazione bottegaia come l'aveva definita Napoleone, si ripresentava sul panorama nazionale questa volta affiancata  dalla sua degna erede, gli iper consumisti e capitalisti per eccellenza ovvero gli Stati Uniti d''America : quell'Isola piu' grande che il filosofo e geo-politico Carl Schmitt aveva indicato  come naturale raccoglitrice dello spirito commerciale e quindi bottegaio inglese, ecco qui si che poteva allacciarsi una qualche associazione, dove a ben vedere il nostro Paese, l'Italia era sempre nella parte del complemento oggetto, la nazione da sfruttare da farci esperimenti, dal dominare tramite l'interesse economico : una terra di conquista per farne appunto una propaggine di bottega, una terra non di bottegai in quanto padroni di bottega, ma semplici garzoni . Ecco l'Italia che noi , gente che non  si contenta delle narrazioni di comodo e di parte-partito, ottanta anni dopo, siamo chiamati a non festeggiare

lunedì 14 aprile 2025

IL MITO NELLA MATEMATICA

Le questioni di conoscenza e sulla conoscenza cominciarono ad andare diversamente   quando a prendere il posto del Mito  fu un tipo di costruzione logica  eminentemente umana, che non faceva ricorso ne’ alla fantasia, ne’ al sentito dire, ne’ al mistico o al leggendario :  la matematica. Questo vale gia' ai tempi della grecia antica  con studiosi come Pitagora, Euclide anche Archimede, ma e' con la matematica , diciamo così moderna,  ovvero  quella del  secolo XVII, che  da noi in occidente comincio’ a diffondersi un certo tipo di ragionamento che postulava una oggettivita’ con l’intero creato. Certamente da subito,  nel suo ambito cominciarono le  controversie, con  posizioni oggettivamente  categoriche e assolutiste tipo quella di Cartesio, da molti indicato come il fondatore del principio matematico  “tutti i problemi  possono considerarsi problemi matematici nei quali si andava a cercare un ordine e una misura e non era rilevante che si trattasse di numeri, figure, stelle, suoni o qualsiasi alto oggetto – vidi dunque che vi doveva essere qualcosa  di piu’ generale  che spiegava ogni particolare come una entita’ in cui si presentano problemi di ordine e di misura : e’ questo che io chiamo Matematica Universale – una tale scienza dovrebbe contenere la struttura di base della ragione umana  e il suo ambito dovrebbe estendersi fino ad estrarre il vero da ogni argomento." e si  arriva  a posizioni di scontro  come quella emersa tra i due grandi studiosi Leibniz e Newton a proposito del calcolo

infinitesimale,  che possono essere riassunte nella solita diatriba tra res extensa e rex intensa, ovvero nel principio  che  la struttura matematica dell’intero creato dovesse ricercarsi all’esterno, nella struttura delle cose fisiche del mondo,e quindi in un assoggettamento della natura alle leggi della matematica come sosteneva Newton, o piuttosto all’interno dell’uomo come una sorta di “vis viva” come invece postulava Leibniz. Va notato che Leibniz si serviva di una tale forza per formulare una visione opposta a quella del rivale inglese, anche se per molti versi del tutto speculare ai fini dei risultati pratici che porto’ appunto alla  alla definizione congiunta di Limiti, Derivate e Integrali  nelle equazioni differenziali ed anche alla ideazione dei numeri immaginari (negativi di proiezioni). Una ulteriore controversia si sviluppo’ praticamente da due concezioni parimenti opposte sulla natura della realta’, ovvero se i fenomeni che la natura, tutta la natura, ospita  hanno carattere  continuo  oppure discreto. Entrambi le concezioni  trovano riscontro di volta in  volta nella nostra intuizione, nel quotidiano, nei nostri organi di senso , nei dispositivi di misura e in generale nelle apparecchiature scientifiche. La distinzione  in realta’ continua e realta’ discreta  che si rispecchia altresi’  nella classificazione  degli strumenti analogici e digitali, di cui  negli ultimi anni abbiamo avuto così tanti riscontri  ha impresso alla matematica digitale uno slancio senza pari, facendo sì che la visione discreta  del mondo si affermasse quasi univocamente  . Sul “discreto” infatti  sembra basarsi il nostro mondo attuale, conformando appunto l’era del computer e degli strumenti analogici ai quali sembra che tutto si conformi e le sacche di resistenza di una concezione continua del nostro mondo  sembra venir relegata alla  obsolescenza ne’ piu’,  ne’ meno simile alle  nostalgie di vegliardo sui bei tempi andati  Probabilmente e’ la parallela strettissima  tra visione discreta  e il codice digitale di cui si occupa oggi la scienza e la tecnica della informazione che ha portato alla prevalenza della concezione discreta su quella continua. La fisica teorica vede costruirsi il suo piu’ promettente scenario, quello della meccanica quantistica, proprio sul predominio del discreto, laddove si parla di universo informato e integrato previa l’introduzione  di nozioni estranee alla solida e rigorosa disciplina Newtoniana  basata su cio’ che si puo’ misurare. Tornano quindi dopo un lungo periodo di quasi esilio  Democrito, Epicuro, Lucrezio con i loro atomi e Pitagora con i suoi numeri, mentre  recedono i primi ilozoisti come Talete  e Anassimene  che andavano alla ricerca di un principio di tutte le cose in entita’ naturali come l’acqua. L’aria  o il fuoco. Ritroviamo gia’ nei paradossi di Zenone una prima affilatissima critica alla concezione continua  della natura  dello spazio e del tempo, ma e’  con Newton e Leibniz e le loro diverse interpretazioni del calcolo infinitesimale  che la questione prende corpo e produrra’ la negazione della realta’ assegnata ai numeri reali proprio grazie all’introduzione del concetto di numero immaginario, che spezza appunto quella continuita’ in cui ancora riposava la scienza. La concezione quasi totalmente  discreta e operativa della matematica si afferma nel XX secolo  e la prima vistosa affermazione ne sono i programmi per computer, le operazioni logiche, discrete  e gli automi cellulari con il loro replicare l’andamento formale  degli
organismi viventi, come platealmente dimostro’  sul finire degli anni sessanta  il matematico  John Conway  con il suo gioco della vita denominato LIFE, che e’ l’esempio piu’ famoso di “automa cellulare”  il cui scopo e’ quello di mostrare  come comportamenti simili alla vita  possano emergere  da regole semplici e interazioni a moti corpi. In tale gioco che e’ composto da un solo giocatore si parte da una configurazione iniziale a scelta e quindi  applicando una serie di regiole inderogabili  si perviene  ad una successione di ammirevoli strutture  la cui dinamica aperta e periodica  ricorda l’andamento dei fenomeni biologici e persino il comportamento di colonie di insetti o stormi di uccelli. In altre parole l’evoluzione del gioco e’ determinata dal suo stato 
Si svolge su una griglia di caselle quadrate (celle) che si estende all'infinito in tutte le direzioni; questa griglia è detta mondo. Ogni cella ha 8 vicini, che sono le celle ad essa adiacenti, includendo quelle in senso diagonale. Ogni cella può trovarsi in due stati: viva o morta (o accesa e spentaon e off). Lo stato della griglia evolve in intervalli di tempo discreti, cioè scanditi in maniera netta. Gli stati di tutte le celle in un dato istante sono usati per calcolare lo stato delle celle all'istante successivo. Tutte le celle del mondo vengono quindi aggiornate simultaneamente nel passaggio da un istante a quello successivo: passa così una generazione.Le transizioni dipendono unicamente dallo stato delle celle vicine in quella generazione: Qualsiasi cella viva con meno di due celle vive adiacenti muore, come per effetto d'isolamento;Qualsiasi cella viva con due o tre celle vive adiacenti sopravvive alla generazione successiva;Qualsiasi cella viva con più di tre celle vive adiacenti muore, come per effetto di sovrappopolazione; Qualsiasi cella morta con esattamente tre celle vive adiacenti diventa una cella viva, come per effetto di riproduzione.I riferimenti di tale gioco  non sono solo nel regno della natura : in sostanza Conway gioca con le sue regole  come Italo Calvino gioca con i tarocchi  costruendo spazi narrativi a schema in Il Castello dei destini incrociati o con le fini e i nuovi principi   in “Se una notte d’inverno un viaggiatore, o anche

George Perec utilizza il salto del   

cavallo negli scacchi  per esplorare un condominio parigino (La vie mode d'emploie). Possiamo osservare che il termine "gioco"  da una parte esprime una particolare relazione  tra scelta e regole , dall'altra rimanda ad una tradizione che si rifa' a tecniche combinatorie  consentita dalla discretezza degli elementi in gioco, in netta opposizione con la continuita'

IL CAPOVOLGIMENTO DEL FUTURO ANTERIORE

il Wall Street Journal ha riportato un rapporto del governo Usa dove si afferma che "GLI STATI UNITI STANNO CAPOVOLGENDO LA STORIA, ...