giovedì 5 dicembre 2024

LO SPAZIO TRA NUMERI E' UNA METAFISICA

 

Come dice Guenon che sul problema di una metafisica connessa al  concetto di numero, ovvero il calcolo infinitesimale,  si occupo' volentieri  in ispecie nel libro  qui riportato "per lo spirito antico fra 1 e 3 esisteva un solo numero, per quello  moderno ve ne e’ una quantita’ indefinita, che  con l’introduzione dei numeri immaginari (radice quadrata di un numero negativo = i)  si amplifica il continuo lineare nella forma trascendente di un corpo numerico (totalita di una quantita di elementi della stessa specie), in cui  ogni sezione rappresenta una superficie  numerica,  quindi  di fatto decretando la fine di  ogni possibilita'  di rappresentabilità’ del mondo antico.  Su tutto il dominio dei numeri complessi entro il quale tali superfici restano applicabili, si basa la teoria delle funzioni che rappresenta finalmente la matematica  Occidentale nella sua purezza, in quanto essa comprende e risolve in se tutti i domini particolari. Solo a tal punto questa matematica si rende perfettamente applicabile all’immagine della fisica occidentale allo stesso modo che la matematica antica rappresento' l’esatta controparte di quel mondo di singoli oggetti plastici di cui la fisica statica da Leucippo ad Archimede si era occupata teoricamentee meccanicamente. Il secolo classico di questa matematica barocca come antitesi allo stile ionico è il diciassettesimo secolo, che dalle scoperte decisive di Newton e Leibniz, giustappunto del calcolo infinitesimale, attraverso Eulero, Laplace, Lagrange e d’Alembert conduce a Gauss. L’ascesa di questa possente creazione spirituale avvenne come in un miracolo. Si credeva appena cio’ che si vedeva. .Cosi tutto il significato del pensiero numerico occidentale si condensa nel problema classico del limite della matematica faustiana costituente la chiave di quell’arduo concetto dell’infinito — dall’infinito faustiano che e' ben distinto dall’ infinita del sentimento arabo e indu’ del mondo. Si tratta della teoria del valore-limite presso a un numero che puo essere concepito come serie indefinita, come curva o come funzione. Questo valore-limite e la precisa antitesi del valore-limite antico, finora altrimenti chiamato, cheveniva discusso nel problema-limite classico della quadratura del circolo. Fino al diciottesimo secolo, dei pregiudizi euclidei popolari hanno nascosto il senso vero del principio del differenziale. Anche ad applicare in modo prudente il concetto, a prima vista naturale, dell’ infinitamente piccolo, in esso continua a sussistere qualcosa dell'antica costanza, eppero  una apparenza di una grandezza, anche se un Euclide non l'avrebbe ne conosciuta ne riconosciuta come tale. Lo  zero e una costante, un numero intero nel continuolineare fra + 1 e -1 , e le ricerche analitiche di Eulero sono state pregiudicate dal fatto che egli, come molti dopo di lui, ha trattato i differenziali come zero. Solo il concetto, definitivamente chiarito da Cauchy, del valore-limite va a eliminare questo residuo dell'antico sentimento del numero e a costituire il calcolo infinitesimale in un sistema senza contraddizioni. Solo il passaggio dalla ≪ grandezza infinitamente piccola ≫ al ≪ valore-limite inferiore ad ogni possibile grandezza finita ≫ porta alla concezione di una variabile che oscilla al disotto di ogni grandezza finita diversa dallo zero, dunque anche quando essa non abbia piu il minimo carattere di una grandezza. In questa formulazione definitiva, il valore-limite non e piu per nulla cio’ a cui ci si avvicina, ma il  ravvicinarsi in se stesso, il processo, l’operazione.
Non e’ uno stato, ma un andamentoUn concetto su tutti è individuato dall’autore per mettere in luce le incongruenze epistemologiche: quello di infinito. Per Guénon il concetto metafisico di infinito è spesso confuso con quello, più eminentemente matematico, di indefinito. L’infinito è un concetto metafisico che indica ciò che non ha limiti, che non lascia alcunché fuori di sé e che non ha contraddizioni in sé: è il “Tuttouniversale”. Ogni tipo di utilizzo e di interpretazione differente è di per se improprio e foriero di imprecisioni e illogicità. Se il “Tutto universale” è ciò che tutto contiene senza lasciare spazio fuori di sé ed è ciò che non può essere diviso perché non esistono limiti di riferimento(non ci sono determinazioni quantitative che possano definirlo),l’associazione del concetto di infinito alla matematica è impropria: “concepire l’Infinito quantitativamente non significa soltanto limitarlo, ma concepirlo altresì come suscettibile di aumento o diminuzione, il che non è meno assurdo”. Meno assurda da gestire e da utilizzare in campo matematico è la nozione di indefinito: “mentre il finito presuppone necessariamente l’Infinito - poiché quest’ultimo comprende e avviluppa tutte le possibilità -, l’indefinito procede invece dal finito, di cui non è in realtà che uno sviluppo e alquale di conseguenza è sempre riconducibile” . L’esempio portato all’attenzione del lettore è la serie indefinita dei numeri che si forma aggiungendo un’unità all’ultimo numero della serie disponibile. Anche nella suddivisione numerica tra il numero 1e il numero 2, secondo Guénon, non c’è spazio per l’infinito poiché tra i due numeri si può trovare solo una quantità indefinita di frazioni che stanno sempre all’interno di un intervallo finito e non nell’Infinito. .
Ciò che sembra essere importante per Guénon è poter dimostrare che non è il calcolo in sé, al quale egli riconosce una certa utilità, il problema, quanto la differenza tra la scienza tradizionale e la scienza da lui definita profana. La scienza profana è definita analitica, limitata all’analisi del particolare, delle apparenze esterne. È quella scienza che ha prodotto il moderno agnosticismo:“poiché, essendovi cose che non possono essere conosciute se non sinteticamente, chi procede soltanto con l’analisi è indotto perciò stesso a dichiararle “inconoscibili” - e in questo modo infatti lo sono -, al pari di chi, limitandosi a una visione analitica dell’indefinito, può crederlo assolutamente inesauribile, mentre in realtà lo è solo analiticamente”. Altra cosa è la conoscenza globale che solo la scienza tradizionale può fornire con il suo metodo sintetico: dalla legge generale al particolare contingente. Solo la conoscenza sintetica dei princìpi può aprire la strada alla vera conoscenza. Da quei princìpi si potrà sempre calcolare uno qualsiasi dei fenomeni che ci appaiono. Ed è qui che si svela il senso di un libello che più che essere pedante vorrebbe essere da stimolo per una nuova considerazione della scienza. Quello che pensava Guénon era di fornire un esempio che potesse riconsegnare alla scienza tutto il suo spettro di indagine e non solo la limitata
apertura del quantitativo.
Si apprende di un anacronismo nella critica di Guénon al calcolo ideato da Leibniz: il filosofo tedesco non aveva a disposizione i concetti di limite e di funzione di cui disponiamo oggi ed è forse per questo che le sue spiegazioni furono ambigue in alcuni punti e produssero discussioni e critiche. La moderna scienza non è del tutto estranea alle più antiche intuizioni metafisiche, anzi, proprio per questa sua eredità, la scienza permette un accesso alla conoscenza del reale che ci circonda.

 

 

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